INCONTRO di FORMAZIONE “ESSERE VOLONTARI”

”Essere volontari” è il titolo della giornata di formazione tenutasi Domenica 15 Aprile presso l’Oratorio di san Gerardo, in Monza. Erano presenti gli unitalsiani della Sottosezione dei rispettivi Comitati; il presidente Paolo Broggio ha esordito dicendo che l’Unitalsi è un’Associazione pubblica di fedeli e come sua specificità è la formazione. Ognuno di noi, al suo interno, ha il suo percorso specifico. Dopo la preghiera collettiva a Maria, guidata da Anna Casiraghi, la parola passa ad Adriano Muschiato relatore della formazione. Necessario per l’Associazione è l’utilizzo della sacra Bibbia dove fare riferimento alla Parola di Dio per avere un’aria di arricchimento, ma non un’aria clericale, oltre ad incrementare la vita spirituale di ognuno. Tutta la terra aveva un’unica lingua e parola, il popolo stava costruendo una torre la cui cima toccava il cielo in un’unica città per abitarvi insieme. Il Signore confuse la loro lingua disperdendoli su tutta la terra abbandonando la costruzione della loro città. L’alta torre era sinonimo di superbia o meglio citando uno slogan pubblicitario,”nulla è impossibile all’uomo”.

 

L’introduzione alla storia della torre di Babele per porci la domanda “Cos’è l’Unitalsi?” E’ il segno della nostra debolezza, ci ricorda che siamo umani nella malattia, nella sofferenza, nella morte e nell’incredulità ma non da soli: Dio ha mandato Gesù affinché facesse il nostro stesso percorso. Il limite della vita umana è basato su due punti: ha il suo senso in Dio ed essere tutti con Lui tramite la risurrezione di Gesù. Il percorso della nostra limitatezza termina con la Pasqua. La differenza tra noi e la nostra debolezza è motivata dal fatto che non riconosciamo, che non pensiamo di esserlo; per rispondere ad una comune debolezza occorre aiutarsi a vicenda. E questo lo chiamiamo “servizio” il quale, nonostante siamo tutti uguali, ci differenzia attraverso percorsi personali. Ciò che unifica non è la divisa bensì la debolezza e la fede nella risurrezione di Cristo. Quindi non è vero che nulla è impossibile all’uomo. Nell’anno in corso c’è il percorso del tema pastorale unitalsiano dal titolo: “Fate quello che vi dirà”, ed il testo  dell’ottava scheda ha come titolo:”Volontari per chiamata, volontari per vocazione”. Il primo step per essere e diventare volontari è la scelta di appartenere alla Associazione attraverso personali motivazioni, dopo quattro volte di presenza non è più scelta bensì diventa la chiamata, da scelta a chiamata a fare ciò che di buono sento in me. Ed ecco che nasce la vocazione ad essere volontario per poi essere mandato, inviato: non c’è vocazione senza la missione. La carità è un mezzo per raggiungere il fine che è la santità attraverso una strada che il Signore ci dà. L’ammalato o il disabile ci induce a compiere gesti di carità, diventa una priorità, un amico da accompagnare, da seguire, da andare a fargli visita; è un dono affidato e tale deve essere libero senza legarlo a noi come nostro, altrimenti perderemo entrambi la libertà. La strada da percorrere ha diversi sentieri che conducono tutti alla stessa meta, è la strada per ritornare nel Giardino dell’Eden. Una strada è l’Unitalsi dove entro in punta di piedi nella vita dell’ammalato accompagnandolo, ovvero faccio un viaggio con lui senza trasportarlo come un pacco ma camminando facendo piccoli passi i quali regalano ad entrambi la felicità. L’articolo primo dello Stato Unitalsi dice che l’Unitalsi  è un’Associazione pubblica di fedeli che, in forza della loro fede e del loro particolare carisma di carità, si propongono di incrementare la vita spirituale degli aderenti e di promuovere un’azione di evangelizzazione e di apostolato verso e con le persone ammalate, disabili e in difficoltà, in riferimento al messaggio del Vangelo e al Magistero della Chiesa. Quindi unitalsiano è colui che ha un’attenzione completa a trecentosessanta gradi al benessere degli ammalati, non solo nel fisico bensì anche nello spirito; colui che fa emergere i propri ed i talenti altrui i quali sono da considerare dei doni gratuiti e dei rischi. Il carisma della Carità, talento rischioso in quanto ha doppia componente: umana e spirituale; l’accostarsi alla persona solo per il suo benessere è lo stile del servizio unitalsiano per un cammino univoco verso la santità di entrambi. Il talento è un valore di scambio; riceverlo e scambiarlo con altri talenti come nell’episodio dell’annunciazione tra Maria di Nazareth ed Elisabetta, sua parente; l’unitalsiano scambia Gesù con l’ammalato. “Cosa porto, chi porto?” “Cosa ricevo, chi ricevo?”, è un gioco di parole per dire che l’ammalato, nei pellegrinaggi, cessano di essere persone meno importanti ma diventano “Qualcuno” grazie alla cura, agli scambi di talenti perché l’unitalsiano si è messo al loro servizio. Non a caso Gesù disse: “Servite gli uni gli altri; siete servi inutili”: questo è il cammino alla santità.

 

INTERVENTO di BEATRICE MORANDI ( detta BEA)

Giovane dottoressa specializzata in pediatria invitata al corso di formazione a dare testimonianza del suo percorso di volontaria unitalsiana: chiamata per caso perché il mondo della malattia era lontano dai suoi pensieri e progetti. Tutto inizia quel giorno che suo zio prete e parroco la invita ad accompagnarlo ad un pellegrinaggio a Loreto; è un’emergenza e nonostante non sia entusiasta, lo accompagna. Rimane colpita da ciò che ha visto e vissuto ed ecco la nascita della  sua vocazione all’Unitalsi. Loreto è ancora la meta dei suoi pellegrinaggi perché ritiene che l’ambiente è molto familiare, si parla, si ascolta, ci si conosce meglio in quanto il bisogno di oggi è quello di “ascoltare” l’altro, gli altri. La bellezza del pellegrinaggio a Loreto è che alla partenza non conosci nessuno mentre al ritorno si conosce tutto il treno; si fa gruppo con tutti indipendentemente dall’età, si ri-torna tutti amici il che è una grande ricchezza, si riceve di più di quanto si pensa di dare.  Spiega la differenza sostanziale tra Lourdes e Loreto: Lourdes è un luogo affascinante ma dispersivo, grande con tantissima gente e gli orari sono massacranti. Mentre Loreto è un luogo intimo, ristretto,  come essere a casa propria, e poi c’è ulteriore tempo per la preghiera che è un’opportunità che i pellegrinaggi offrono da ottimizzare in quanto siamo sempre di corsa. E’ molto importante la formazione spirituale mista al raccoglimento; siamo attratti quasi sempre dalla regia e non allo spirito delle funzioni e delle celebrazioni. Bea conferma che, essere al servizio come medico unitalsiano non è diverso dall’essere in servizio come volontario; con gli ammalati deve vigere un rapporto di uguaglianza, mettersi alla pari e non in ottica di superiorità. Sono banditi i falsi pietismi per non offendere, l’importanza dello sforzo da fare per mettersi sulla stessa lunghezza d’onda. Perché è proprio dal disabile, dall’ammalato che si impara a non piangersi addosso, si impara a non lamentarsi come loro fanno anche se si trovano in gravi condizioni. Il volontario parla con l’ammalato attraverso un sorriso, una carezza, un tocco di solidarietà e per questo non sarà dimenticato come viene riportato da una testimone che a Loreto una signora di novantasei anni, dopo diverso tempo, si ricorda ancora della dottoressa Bea.  Essere medico volontario dell’Unitalsi ha contribuito ad operare nel suo lavoro quotidiano con lo stesso spirito associativo; avere un’attenzione in più verso le persone marcando uno stile diverso, uno stile da unitalsiano.

La formazione è stata completata dal grande momento della celebrazione dell’Eucaristia concelebrata da don Massimo, parroco di san Gerardo Monza, e da don Stefano Buttinoni. Animatori, cantori, lettori sono stati i giovani unitalsiani presenti. Il gruppo di Agrate ha immortalato con uno scatto il saluto a don Stefano in quanto aiuto-presbitero ad Agrate Brianza.

Tiziana

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